La tecnica del collage, assunta come strumento di lavoro artistico dalle avanguardie del primo Novecento, ha conosciuto negli anni Sessanta una ripresa di interesse nel clima ludico-ironico del New Dada.
L’inserzione e la manipolazione entro l’opera d’arte dell’ordinarietà iconica e informativa dei rotocalchi ebbe in quel tempo spesso un valore ideologico di demistificazione dei vigenti rapporti socio-economici e della stessa produzione estetica.
Anzi, con l’inasprimento della contestazione politica, nel corso degli anni Settanta il collage e, in non casuale connessione, il largo uso della fotografia furono certo dei canali espressivi privilegiati dagli addetti all’arte e non per le dichiarazioni più immediate delle proprie posizioni di pensiero.
La sottesa cura formale (che sempre dovrebbe sostanziare la realizzazione di ogni linguaggio artistico), il gioco della grazia combinativa, in un tempo come quello odierno purtroppo privo di effettive tensioni etico-ideologiche, sono certo gli aspetti che possono consentire la perpetuazione artistica della tecnica del collage.
Ed è naturalmente su questo versante che si collocano i lavori di Maria Pia Daidone.
In essi i volant e le passamanerie di riviste di moda o di arredamento, selezionati e sagomati dalla mano della Daidone, gli occhi truccati di algide proposte commerciali si riorganizzano, tramati da punti disegnativi e di colore, in una galleria giocosa, ma in un certo senso nobilitata di ritratti di Dame, dove l’effimero sgargiante del rotocalco è disciplinato abilmente in colorata apposizione dei ricordi della Storia dell’Arte.
Napoli, 22 marzo 2001
Paolo Mamone Capria