Da sempre la funzione dell’artista è stata di critica verso gli aspetti più statici della società. Funzione trascurata nel nostro tempo che ha visto il proliferare dei clientes dei vari potenti di turno. Così il valore dell’arte a disposizione di qualsiasi idiozia, maxi idiozia, ha significato svalutare la propria funzione sino a negarla.
E’ con sorpresa che scopro le opere dell’artista partenopea Maria Pia Daidone che non rinuncia a criticare e ironizzare su un aspetto dolente delle nostre città, il problema dei parcheggi. Uno spazio negato alla scultura nobile per eccellenza del nostro tempo. Così odiata, necessaria, fattore primo di dinamismo, un continuo dinamismo contro l’immobilismo delle nostre amministrazioni.
E’ noto che Venezia e Napoli oltre che accomunate dal colore amministrativo hanno scelto per sbrogliare il problema del traffico il non realizzare se non la bella pensata dei biglietti prepagati. Il mio pensiero corre al povero “foresto” che deve cercare disperatamente il biglietto in orari di chiusura. La gente si sposta a tutte le ore, è finita l’epoca in cui le porte della città venivano chiuse per la notte. Ma i nostri amministratori sembrano vivere ancora in quell’epoca e si dicono progressisti. Maria Pia Daidone l’inadeguato grattino lo utilizza come elemento di una realtà non funzionale ed ecco che il colore, l’inserimento di pochi elementi decorativi risultano altrettanto reali. Reali, finché il non funzionale è virtuale, un virtuale negativo, fastidioso. Lo sfondo diventa schermo, schermo come unica fonte di verità.
Una verità che tutti noi sappiamo essere non vera. Due negatività non fanno una positività, ma una più grande negatività. E’ con l’ironia espressa mediante l’arte che Maria Pia Daidone ci avverte dell’inconsistenza della consistenza dell’ovvio.
Venezia, Marzo 1999
Giancarlo Dalio