Il sacro e il magico nelle “Sagome” ovvero la materia immateriale di Maria Pia Daidone
Passo da fantasmatica ellisse, il percorso narrativo della Daidone. Rotante indagine che a ogni stadio nasce nega insegue avanza rinnega sconfina rientra afferma. Parabola investigatrice che puntualmente definisce un ultimo illusorio approdo – dai primi inizali segni solo in apparenza aerei “Cerchi graffiti“, “Nonsolocerchi“, fino alla nera “sostanza” delle più recenti “Sagome“, eredi di sontuosi collages – “Dame a palazzo” e della fragile, compatta sapienza di “Birilli”. Cenni tacche gesti, carta colore legno. Movimenti di materia povera ma magica. Maria Pia disegna la precarietà di esistere: uomini irreggimentati, indefinite calotte craniche, prevedibili sguardi, pensieri uguali a trucioli. La vita come rappresentazione. Indizi tratti cifre che quasi ingannano sulla reale direzione del suo cammino poetico.
Spetta ora alle “Sagome” chiudere temporaneamente il cerchio di un viaggio d’artista, insaziabile e prolifico. Ultimo compendio della visionaria eppure concreta ricerca, primordiali tracce – terra e geroglifici, carne e vento, magma e visceri – raccontano la ragnatela di un volo terrestre, e insieme sacrale, dove solo il fantasma dell’anima non si lascia prendere. Maria Pia Daidone senza tregua continua il suo inseguimento, entrare sfilare toccare il mistero, quell’inafferrabile ciclo di vita – morte – vita; diventare lei stessa centro, fuochi, assi; far parte della sua viva ellisse.
Giuseppina De Rienzo